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comunicazione, il mio stomaco che parla, OvO, performance, stomaco, stopmarinabramovich, toblerone, Uochi Toki, ventriloquia, Zolle
Lo sappiamo, lo sappiamo; tra Agosto e Novembre c’è quantomeno una stagione (il che è opinabile, perché fino a una settimana fa il clima era sempre quello); non dovete dimenticarvi che molto spesso però la frutta se non è di stagione viene dal Cile, dove i diserbanti sono visti con molta simpatia. Perciò noi preferiamo servirvi solo roba fresca (inoltre mezza redazione si è trasferita, ha iniziato nuovi studi, nuovi lavori… grattacapi).
In compenso abbiamo la stessa fame di sempre; ed io oggi vi narrerò di una delle ultime volte in cui la mia fame è risultata di un qualche possibile interesse per voi Lettori.
Succede che la redazione ora è molto più vicina ad un locale strategico, il Bronson di Ravenna, presso cui abbiamo inviato delle sonde per una data speciale: gli oVo che presentavano Abisso, il loro nuovo disco per SuperNaturalCat rec (grafiche di Malleus ovunque, già); in apertura, Uochi Toki con il loro set “alluminio” e Zolle.
Succede anche che, fame imperante, nel pomeriggio prima di giungere a Ravenna ci si ferma in autogrill. È il primo momento spirituale della giornata: neanche 5 km percorsi dalla fermata ed ho già finito un intero Toblerone bianco, inimitabile e col 15% di torrone al miele.
A Ravenna io ed i miei colleghi non ci facciamo mancare nulla, dato che è bella, e ci ritroviamo in un aperitivo/exhibition/contest/photography. A causa dell’altissimo tasso di Milano e di tumblr insito nell’evento, l’aperitivo è ovviamente vegano.
Vegano + aperitivo ≠ salutare
La miscela di patatine fritte, farro, improbabile pesto, torte, pizzette e taralli presente all’evento ci convince a spostarci al Bronson alle nove, e dentro al locale siamo noi, i baristi ed i gruppi. Io non sospetto ancora nulla.
Il concerto inizia piuttosto presto, si parte dai Zolle, ma prima di loro Stefania degli OvO ci annuncia che sta iniziando la prima performance.
Ci saranno due (e mezzo) performance, ad intervallare le varie esibizioni; non intesserò descrizioni delle medesime per svariate ragioni, tra cui: le performance sono del tutto avulse da fame ed appetito; performance e cibo hanno poche relazioni; qualunque performance, spiegata a parole da un profano quale sarei io (che ho anche pensato che stopmarinaabramovich servisse davvero a stoppare marina abramovich) si riduce a “tizio fa una cosa bizzarra, non lo capisce nessuno”. Una cosa posso dirla: il basso si suona molto bene con i piedi. Ok.
Gli Zolle sono in due e suonano a terra, vicino al pubblico. Noi ci troviamo di fronte, e questi ragazzoni partono subito a sviscerare un repertorio di brani estremamente grassi, anche se poco conditi. Il chitarrista è molto intenso, il batterista anche di più. Curiosa l’attitudine di quest’ultimo all’emissione di fluidi: ogniqualvolta gli sarà possibile, sputerà e verserà birra per terra. Fortuna, direi io, che non ha vomitato. Nonostante la forte somiglianza tra i brani, che risultavano effettivamente abbastanza compatti da farsi ascoltare tutti di fila e d’un fiato, i due hanno battuto dove si doveva battere.
Dopo la seconda parentesi-performance (spoiler: meglio la prima), è il turno del controverso set Alluminio degli Uochi Toki. Dico controverso per un motivo: uno dei miei accompagnatori, di tutta la serata, conosceva ed era (è) appassionato solo degli Uochi Toki, pur non avendoli visti dal vivo. Io ricordavo, purtroppo vagamente, il fatto che esistessero quattro materiali che identificano quattro tipi di live degli UT (ricordo alluminio, silicio, legno e un quarto che forse è vetro?). Ciò che non sapevamo è che alluminio, quel che abbiamo visto, è un set che consiste in beat dal vivo + disegno dal vivo. Debbo dire che i beat sono stati mostruosamente gelidi, sostanziosi, croccanti e clinici. Nonostante l’assoluto minimalismo del materiale di partenza, incastri, manipolazioni e terrorismi vanno molto bene. Nel frattempo però il mio amico si chiedeva, come una buona fetta di pubblico, posta in una maniera piuttosto media: “napo quando prende il microfono?” Naturalmente non lo farà mai, il mio amico rimane piuttosto deluso anche perché ritiene che i brani degli UT abbiano una resa migliore di tre quarti d’ora di beat-terrorismo accompagnato da disegni digitali (che ho trovato, in verità, piuttosto goffi conoscendo la produzione grafica di napo). Personalmente sono stato molto incuriosito proprio dal fatto che il pubblico era in gran parte teso verso l’inizio del rap, che non c’è mai stato, scivolando quindi in una lenta accettazione, miscelandosi con chi ha trovato i beat mostruosi. Un effetto secondario della situazione, che descrive però bene il tutto, è che la prima fila era tutta seduta sul palco.
Dopo una ragionevolmente figa attesa, sono arrivati gli OvO, di cui non sprecheremo una presentazione, limitandoci a dire che il nuovo disco e relativo tour li vedono per la prima volta senza maschere. Avevo già assistito ad un loro live, in tenera età, che fu innanzitutto una gioia per le orecchie ed anche molto divertente perché ero con amici per la maggior parte del tutto refrattari a queste delizie; stavolta il pubblico è stato molto attento e compunto, direi fin troppo compunto – come dire, un pubblico internazionale – ma gli OvO sticazzi hanno offerto le loro portate senza tanti complimenti.
Posso dire di sentirmi dalla parte della ragione quando dico che questo live ha rappresentato Abisso con ottima precisione; per dirla in gergo, hanno suonato da dio. Tecnicamente, Bruno rimane un batterista unico, drittissima anche la scelta dei sample suonati via pad. Come un mastro pentolaio, non farà altro che rigirare con energica precisione i mestoli che hanno cucinato le nostre cervella per tutto il concerto, senza una – 1 – una sbavatura, rottura, stanchezza, noia; sorretta così bene, Stefania ha potuto guarnire il tutto nella maniera più abissale possibile, raggiungendo anche lei nuove vette di arcaico splendore.
Ora che cazz_ c’entrano il toblerone e l’aperitivo vegano? C’entrano, c’entrano. Perché si sapeva che il menu della serata avrebbe avuto una sorpresa agrodolce proprio durante il set degli OvO: parlo di due collaborazioni, una con Moder e l’altra con… parliamo prima di Moder. Egli è un rapper e al terzo brano sale sul palco, si posiziona dietro, non rivolge uno sguardo a chicchessia e completa il terrorismo culinario degli OvO con un condimento di versi assolutamente incomprensibili viste le tonalità rumoriste dell’accompagnamento, ma sicuramente sputate con una certa rabbia. Un amico mi ha detto una volta che per capire il rap se non si è interessati ai testi bisogna almeno considerare la voce come uno strumento a metà tra ritmo e texture; ed in questo caso ha funzionato decisamente bene (sarei curioso di sapere cosa diceva, in ogni caso). Ok ora posso dirlo: non mi faceva mica tanto bene lo stomaco in questo frangente. Sarà forse per colpa delle frequenze telluriche a cui ero sottoposto da più di un’ora? È un’idea, forse anche il toblerone che avevo in panza la pensava così; sta di fatto che più tardi è ora che arrivi il secondo ospite, Vasco Brondi, ebbene sì, “brondi” come “pronti?” in abbruzzese, brondi quello là, con un microfono ed un sintetizzatore, presunto scollegato; e per me è immediato il bisogno del bagno, i crampi più orridi della mia vita. Fortuna vuole che i bagni siano lato palco, così, mentre in me si svolge l’Abisso, posso comunque ascoltare l’Abisso degli OvO. Vi assicuro che è stato tutto molto multisensoriale, peccato che appena ritorni tra i vivi anche Brondi decide di tornare a casa così, sommando i miei malori al fatto che la voce era totalmente sommersa dalla base, ebbene sono riuscito in qualche modo ad evitarlo.
Ora, so che non è mica bello discriminare, anche se si parla di artisti (o presunti tali), lo dimostra anche il fatto che molti mi hanno guardato storto quando gli ho detto “sì ciao grazie”, ma diciamocelo: ha aggiunto qualcosa al live? Oltre all’essere uscito? Ha cantato un suo brano sulle pozzanghere? Sono intollerante, lo so. Non me la prendo con nessuno se non con me stesso, ma in ogni caso: netto inchino per gli OvO che hanno realizzato qualcosa di magnifico, in una cornice adeguata, una serata ricca di spunti ed un pomeriggio ricco di cibo sbagliato.
Il cibo deve essere giusto (morale della favola).
Nota enormemente negativa, menzione di disonore e terribile vergogna: non a chi pensate, bensì al pubblico del Bronson, un pubblico che nonostante il numero e l’affollamento non è stato in grado di reclamare un doveroso bis per gli OvO. Non è possibile dopo una tale qualità non volere offerto almeno un digestivo, e la cosa mi ha rattristato veramente molto; ho capito che c’era chi doveva correre al banchetto per i vinili, ma siamo stati veramente solo cinque commensali contati a richiedere il bis. Cattiva, cattiva tavola. Ma state tranquilli, se verranno a mangiare a casa mia, gli apparecchierò tavola con i coltelli rivolti verso l’esterno.