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canzoni lunghe, certi vecchi antichi, famigghia, grezzo dentro, mangiare bene, presa bene, raffinatezze, rapporto teglia/persone, ripieno, sclero, sinfonie sulla vita, solo due video, speciale sperimentale, sperimentale bene, tradizioni fatiscenti
Miscredenti e gente che pensa di avere qualcosa da fare nella vita! La vostra ora è passata. Tocca alle persone che sanno quello che vogliono. Tocca alle persone che non devono chiedere mai; insomma tocca a me. Sono andato ar matrimonio, è vero. È vero che c’erano tutti i parenti (tutti), e ho parlato del mio futuro, dell’imminente fine dei miei studi (!), del mio lavoro (?!), delle prospettive come: relazioni, convivere, sposarsi, bambini; delle case (!!!). Ma diciamoci la verità: io, i miei cugini e cugine ed i miei zii e zie eravamo tutti in brodo di giuggiole per due cose: uno, due simpatiche figure che si sono sposate (sono una persona positiva quindi i matrimoni mi piacciono! <3), due, il cibo (sono una persona positiva quindi il cibo mi piace! <3).
Seconda introduzione rivolta ai sicofanti: la vostra ora è passata. Qui si parla della nostra amata cucina pesante e della nostra amata musica pesante, ma è musica pesante in un altro senso. Santo cielo, non voglio fare prolocchi, oggi niente metallo. Oggi superfreedeathjazz ad altissimo livello ed elettronica random acidissima come piovesse. Non dite “che non lo sapevate” (dite “che lo sapevate” e continuate con i vostri lamenti che rivolete il 4/4 e il re droppato).
Non mi dilungherò, non esagererò e non decanterò. Sappiamo tutti quello che succede nei matrimoni. Sappiamo quello che succede prima, durante, dopo. Nello specifico, una cosa che è successa tantissimo è questo: il lambrusco LINI910. Davvero non avete idea di quanto può essere assetata una famiglia numerosa. E quanto può essere buono il vino colle bollicine ottenute con il metodo classico (siccome qui si è pugliesi si guarda male il vino con le bollicine. Ma il metodo classico è un’altra storia e ne rendiamo merito).
Buttiamo subito giù qualcosa di musicale realizzato con il metodo classico! Il metodo classico è un casino (per un mese la bottiglia va presa e sistemata in maniera meticolosa in certi cavalletti eccetera eccetera) e anche il nostro abbinamento musicale è un casino. Infatti parliamo dell’undicesimo LP degli Autechre. I nostri amici che neanche sanno come si pronunci il loro nome sono arrivati al numero undici! E la cosa bella è che, per ottenere un lambrusco ben corposo e strutturato, i nostri hanno pazientemente assemblato qualcosa come 4 – quattro – 4 LP di musica, per un buon totale di due ore e qualche secondo. È come scolarsi parecchie bottiglie ed il risultato è qualitativamente eccelso. Passate un attimo in secondo piano le girate un po’ da motosega techno o da elicottero bomboclat che avevano pigliato ultimamente, orientati verso situazioni più classiche e più synthologiche – anche se personalmente li trovavo comunque in (ri)salita già da Untilted – i nostri mi hanno fatto godere di brutto e mi hanno rigirato le orecchie all’indentro. Io che me la sono sempre presa con gli autechre perché li ho trovati sempre troppo smanettoni e prolissi dovevo essere contento che avessero iniziato a fare dischi con le tracce da due minuti, ma pure ora che il numero di canzoni è lo stesso ma la loro durata è triplicata (siamo sui sei, sette minuti di media) stiamo benissimo. Alla salute!
Passiamo al mangiare; come sopra non voglio dilungarmi ma porre un accento che possa portarmi su di un consono binario musica – e qui abbiamo roba veramente monumentale, come se due ore di Autechre non bastassero. È stato il matrimonio della zucca. Durante la cena la sera prima, alla scurdata, per usare il mio volgo natìo, mi spuntano dei tortelloni alla zucca (l’ordine, dal più piccolo al più enorme, è: tortellino, tortello, raviolo, raviolone, tortellone). È stata la zucca il fil rouge, perché dopo questi tortelloni il giorno dopo, al pranzo del matrimonio, mi si pone sempre abbastanza alla scurdata un primo piatto d’eccezione: lasagne carciofi e zucca. La zucca, così bistrattata al sud, così accesa, così troppo poco soffrigibile ma così cremosa e tutto quanto, è un simbolo della modernità. Anzi della surmodernità. La zucca è il sapore che non sai. Ma poi è. Quella cosa che là. Incredib – ma dai? Allora? Però. Che zuccone che sei! Ma insomma! Sul palato è una cosa, su tutto il resto è un’altra. Diventa qualcosa. È così grossa e incute timore, con reminiscenze vagamente pagane ed horrorifiche qualora venga svuotata e dotata di bocche ed occhi malefici. Ma poi è quell’altro là. È proprio come reclutare e dirigere un’orchestra di impostazione jazz-big band, con strumenti eccezionali e musicisti ancora più eccezionali, per suonare qualcosa di incredibilmente grosso e compulsivo che ti lascia surmoderno proprio come la zucca! Ed è così la Fire! Orchestra (i Fire! sono una band freejazz norvegese che bbrbrbrzzzumm. L’orchestra conta di migliardi di persone, ben tre direttori), è proprio quello che in partenza è qualcosa, poi ti aspetti diventi una cosa, un po lo è, ma poi è qualcosa di nuovo. Non oso andare oltre e credo che i rantoli idioti siano anche troppo, tuttavia avrete finalmente l’occasione di assistere di fronte ai vostri occhi a qualcosa che è davvero la mutazione di qualcosa in qualcos’altro. Alchimizzatevi con la nostra zucca super e siate sazi!
Che cosa strenuante la vita, amici miei.